La calce
Interessante esempio di archeologia industriale, la fornace venne costruita nel 1926 su iniziativa di un gruppo di famiglie del paese, per creare un’opportunità di lavoro alternativa all’emigrazione, cui generazioni di friulani furono condannati per oltre un secolo, tra la metà dell’Ottocento e gli anni Sessanta. La produzione di calce, così come altre attività del settore edilizio, era un’attività frequente nella pedemontana, ma per lo più condotta a livello artigianale, con piccoli forni con il cielo a volta.
Le pietre calcaree, estratte dalle cave sovrastanti il paese, venivano trasportate con i carrelli fino al limite della scarpata e da lì, per mezzo di una teleferica, poi sostituita da un ponticello di legno, fino alla sommità della fornace, dove venivano rovesciati e il contenuto precipitava nel forno. Il fuoco veniva alimentato continuamente giorno e notte, attraverso una grande bocca posta alla base della fornace. Una volta completata la cottura delle pietre, queste si sbriciolavano e la polvere così ottenuta, veniva recuperata da una serie di piccole bocche laterali. La calce di Toppo era destinata essenzialmente ai cantieri del Friuli e di Venezia.
La produzione cessò definitivamente nel 1957 e l’impianto cadde in disuso. La fornace è tata recentemente sottoposta a un radicale restauro, grazie all’interessamento degli attuali proprietari.